Fosso Appia Antica - Santa Maria delle Mole

Fossi che scompaiono per legge per lasciar spazio al cemento

Il 23 aprile 2014, la giunta regionale del Lazio ha approvato la Delibera proposta dall’Assessore alle Politiche del Territorio, Mobilità e Rifiuti, Michele Civita che, di fatto, elimina la tutela paesaggistica a 30 fossi basandosi su un Regio Decreto del 1910.

L’assessore che dovrebbe garantire sempre più un territorio ormai in continuo dissesto ambientale, e che vede ogni giorno scomparire sotto il cemento l’agro romano sia con l’abusivismo che con nuove convenzioni edilizie, dimostra invece una grande efficienza nel limitare o addirittura togliere le tutele esistenti.

Per al Regione Lazio ben 30 fossi non sono più rilevanti a livello paesaggistico e quindi possono essere tumulati sotto tonnellate di cemento per lasciare spazio a palazzine e centri commerciali.

La cementificazione selvaggia che negli ultimi decenni ha interessato le aree rurali a ridosso della Capitale sta facendo scomparire questi incubatori di biodiversità. Questi fossi stanno lentamente diventando delle bombe di nocività, mentre le amministrazioni comunali, invece di attuare azioni di tutela e bonifica, li fanno scomparire a norma di legge per agevolare permessi di edificazione e consumo di suolo.

Abbiamo ben chiaro cosa succede a Roma durante i forti acquazzoni: la città va sott’acqua. Va sott’acqua anche perché non ci sono più quei canali che distribuivano le acque evitando  allagamenti.

Abbiamo ben chiaro l’importanza dei corsi d’acqua per la fauna selvatica che, a colpi di delibere e decreti, si ritrova da un giorno all’altro in aree urbanizzate senza cibo e acqua diventando così “animali nocivi”, un po’ come succedeva nelle colonie a danno delle popolazioni originarie.

E’ necessario fermare tutto questo e smascherare questi assassini dei territori! Assassini prezzolati, accecati dal potere e portati a spasso dagli speculatori finanziari!

Riportiamo un comunicato di Italia Nostra del 24 aprile 2014 in merito al Fosso Tre Fontane, attualmente al centro una feroce battaglia per i permessi di edificazione in una zona del comune di Roma sotto tutela:

FOSSO TRE FONTANE : UNA VERGOGNA AMBIENTALE. L’ASSESSORE MICHELE CIVITA OTTIENE DI TOGLIERE LATUTELA PAESAGGISTICA FACENDO VOTARE IERI UNA DELIBERA DALLA GIUNTA REGIONALE

L’Assessore alle Politiche del Territorio, Mobilità e Rifiuti, Michele Civita, che dovrebbe garantire sempre più un territorio ormai in continuo dissesto ambientale, e che vede ogni giorno scomparire sotto il cemento l’agro romano sia con l’abusivismo che con nuove convenzioni edilizie, dimostra invece una grande efficienza nel limitare o addirittura togliere le tutele esistenti.

E’ quanto è avvenuto ieri quando la Giunta ha approvato la sua proposta di delibera che ha considerato “irrilevanti ai fini paesaggistici” circa 30 corsi d’acqua della Regione Lazio sulla base delle segnalazioni delle Amministrazioni comunali.

Nell’elenco c’è il corso d’acqua che ci risulta essere il vero scopo della delibera e di tanta fretta : il Fosso delle Tre Fontane che fa parte del comprensorio edilizio noto come “ I 60”, fosso posto recentemente sotto sequestro da parte della Procura in quanto era in corso, abusivamente, il riempimento del suo alveo, per la distruzione del corso d’acqua e della sua vegetazione ripariale.

La denuncia di quanto è avvenuto è dovuta al coraggioso Presidente del Municipio VIII, Andrea Catarci e del suo Assessore all’Urbanistica Massimo Miglio che subito furono sommersi da attacchi mediatici che negavano la presenza della tutela paesaggistica che in origine prevedeva ben 150 metri di rispetto, poi ridotti a 50 dalla Regione quando interessano progetti edilizi.

Ma anche i 50 davano grande fastidio al Consorzio in quanto su quel tratto del fosso il loro progetto prevedeva strade e parcheggi come se addirittura fosse già stato intubato. Che la denuncia fosse valida e che lo storico Fosso è esistente trova conferma dalla stessa delibera di ieri della Giunta che ha deciso di levare proprio quella tutela avendo dovuto verificarne “obtorto collo” l’esistenza.

A pag. 13 della delibera è evidente il frenetico attivismo avvenuto, dopo il sequestro, tra la Regione e il Comune che insieme sono andati a trovare un “errore di graficizzazione” (tutto da verificare) nella misurazione dei limiti di pubblicità dell’ acqua pubblica su una mappa IGM della seconda metà dell’800.

Infatti per dimostrare il presunto errore l’Assessore Civita riesuma una Gazzetta Ufficiale del 1910, ma ne applica soltanto la parte necessaria alla esclusione del vincolo proprio nell’area interessata dal progetto edilizio, ci risulta omettendo di applicare la parte che obbliga a misurare tale vincolo sino alla presa d’acqua a monte del corso d’acqua dove esiste dal 1907 una azienda agricola con la relativa presa d’acqua.

La corretta applicazione del G.U. del 1910 comprenderebbe infatti tutta l’area del progetto edilizio. Meraviglia tanta solerzia vista la totale mancanza dei dovuti controlli sull’esistenza del vincolo da parte sia da parte del Comune che della Regione quando hanno approvato il progetto edilizio che, necessariamente, dovrà essere modificato visto che rimangono, comunque, validi i 10 metri di rispetto di acqua pubblica che non hanno potuto eliminare.

ITALIA NOSTRA per quanto riguarda l’inaccettabile delibera regionale non rinuncia ad esercitare tutte le azioni che la possano invalidare anche pretendendo un controllo e un intervento del Ministero dei Beni culturali e paesaggistici che ne ha il potere.

 

 

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